Il raggiungimento della remissione è l’obiettivo finale nel trattamento delle malattie reumatiche infiammatorie artrite reumatoide, spondiloartrite assiale e artrite psoriasica [1-3]. Nell’intervista che segue, la dottoressa Natalie Marcoli dell’Ospedale Regionale di Lugano spiega quanto sia realistico questo obiettivo terapeutico con le opzioni di trattamento oggi disponibili e cosa significhi la remissione per le persone colpite.
1: Quanto ritiene importante raggiungere la remissione nelle malattie reumatiche infiammatorie? Cosa significa per lei remissione nelle tre indicazioni artrite reumatoide, spondiloartrite assiale e artrite psoriasica?
“Oggi, l’obiettivo in reumatologia è che tutti i pazienti raggiungano la remissione. Questo è un obiettivo terapeutico importante, perché ha una grande influenza sulla qualità di vita dei pazienti. La remissione è uno stato con un’attività della malattia molto bassa. Ciò significa che i pazienti – in base agli esami clinici, alla determinazione dei valori di laboratorio e al benessere percepito dai pazienti – non hanno praticamente alcun dolore e non mostrano segni di infiammazione. I pazienti non dovrebbero avere praticamente alcun disturbo.
La definizione di remissione dipende sempre dall’indicazione e differisce tra artrite reumatoide, spondiloartrite assiale e artrite psoriasica. I punteggi ci permettono di valutare se i pazienti sono in remissione o hanno raggiunto una bassa attività della malattia. Nell’artrite reumatoide, ad esempio, il punteggio DAS28 fornisce indicazioni per ottimizzare e cambiare i trattamenti e supporta il processo decisionale clinico. Per l’artrite psoriasica applichiamo il punteggio DAPSA e per la spondiloartrite assiale di solito usiamo il BASDAI, che differenzia la malattia attiva dalla malattia ben controllata”.
2. Come descrivono i suoi pazienti lo stato di remissione? Quale feedback riceve dai suoi pazienti che hanno raggiunto questo obiettivo terapeutico?
“La remissione rappresenta una migliore qualità di vita per i pazienti. Funzionano meglio, lavorano in modo più efficiente, possono dedicarsi agli hobby e partecipare alle attività sociali. Si sentono come se fossero tornati alla loro vita normale, hanno più energia e, soprattutto, non hanno più dolore.
I pazienti che hanno raggiunto la remissione sono di solito molto soddisfatti e grati di aver avuto accesso alla loro terapia. Molti pazienti vogliono quindi che tutto rimanga esattamente com’è – ed esitano quando si tratta di ridurre la dose del farmaco o di aumentare l’intervallo di dosaggio dei biologici. È del tutto comprensibile, perché il dolore e l’esaurimento erano così limitanti per chi ne soffre che non vuole più sperimentare questi sintomi”.
3. quali differenze nella qualità di vita riscontra tra i pazienti in remissione e quelli che non hanno raggiunto la remissione?
“I pazienti che non hanno raggiunto la remissione avranno sempre dei disturbi e cercheranno un modo per ottimizzare la terapia. Tuttavia, questo è difficile quando un paziente è già in trattamento con un biologico efficace, ha provato molte altre terapie, ma soffre ancora di un certo grado di dolore o di affaticamento.
Questo problema si riflette anche nelle conversazioni che ho con i pazienti. Quando un paziente è in remissione, spesso non vuole più parlare della sua malattia, ma preferisce parlare di ciò che fa nel tempo libero e di ciò che progetta per il futuro. Quando l’attività della malattia non è ben controllata, i pazienti si concentrano maggiormente su ciò che si può fare per migliorare la loro condizione fisica”.
4.Per quali pazienti ritiene che il raggiungimento della remissione con le opzioni terapeutiche attualmente disponibili sia realistico e per quali pazienti ci sono ancora delle sfide?
“Ancora oggi, il 20-30% dei pazienti non raggiunge la remissione, nonostante la disponibilità di migliori opzioni terapeutiche e di biologici per l’artrite reumatoide, la spondiloartrite assiale e l’artrite psoriasica. Purtroppo, non esistono marcatori che possano essere utilizzati per prevedere quali delle opzioni terapeutiche disponibili aiuteranno i pazienti a raggiungere la remissione e quali no.
Dai dati recenti sul trattamento con inibitori del TNF, sappiamo che un IMC più elevato è correlato a una minore probabilità di risposta positiva a questa terapia. Un’altra sfida è rappresentata dalla sindrome del dolore cronico secondario, come la fibromialgia, perché è difficile distinguere la fibromialgia da una malattia reumatologica attiva. Se riduciamo i ritardi nella diagnosi, probabilmente possiamo migliorare i risultati del trattamento per alcuni pazienti, prevenendo lo sviluppo di sindromi dolorose secondarie come la fibromialgia”.
5 Qual è l’importanza del controllo del dolore oltre al raggiungimento della remissione e come sono correlati dolore e remissione?
“Il dolore è il punto focale per la maggior parte dei pazienti, perché è la prima cosa che notano. Di solito, i pazienti interpretano la loro situazione come se fossero in grado di funzionare normalmente senza dolore e fossero sulla via della remissione. Questo dimostra il ruolo centrale del dolore. Facciamo tutto il possibile per alleviare il dolore il più possibile, perché questo è fondamentale per ottenere la remissione. La riduzione del dolore ha anche un effetto positivo sui sintomi secondari di cui i pazienti possono soffrire, come la depressione, la stanchezza o la mancanza di motivazione”.
6.quali sviluppi futuri vorrebbe vedere nel trattamento delle malattie reumatiche infiammatorie?
“In futuro, vorrei vedere più opzioni terapeutiche e la possibilità di personalizzare il trattamento dell’artrite reumatoide, della spondiloartrite assiale e dell’artrite psoriasica.
Per esempio, gli oncologi possono spesso eseguire dei test genetici e stabilire: “Questo paziente con questo particolare tipo di tumore ha la probabilità di ottenere il controllo del tumore con questo particolare farmaco”. Purtroppo, questa personalizzazione del trattamento non è ancora disponibile in reumatologia. Nella spondiloartrite, siamo talmente abituati a prescrivere gli inibitori del TNF che sono praticamente la terapia di prima linea, anche se sappiamo che, dato il meccanismo della patologia, l’IL-17 potrebbe essere una scelta più sensata. Un trattamento personalizzato in grado di prevedere quale biologico funziona meglio per quale paziente – sarebbe un sogno per noi reumatologi.
In secondo luogo, ovviamente, più opzioni terapeutiche sono disponibili, maggiori sono le possibilità di trovare il farmaco giusto per il paziente. In questo modo, si può anche aumentare il numero di pazienti che raggiungono la remissione. Tuttavia, devo anche sottolineare che il campo della reumatologia, con tutte le nuove opzioni terapeutiche, è in una fase di risveglio e possiamo già offrire molto ai pazienti. E molti pazienti ne sono molto grati.
Riferimenti
Le referenze possono essere richieste dai professionisti all’indirizzo medinfo.ch@abbvie.com.
Intervista: Dr. sc. nat. Katja Becker
Questo articolo è stato realizzato con il sostegno finanziario di AbbVie AG, Alte Steinhauserstrasse 14, 6330 Cham.
CH-RNQR-220101_11/2022
Articolo online dal 19.12.2022