Anno dopo anno, le statistiche sugli incidenti disponibili ci mostrano molto chiaramente: le attività sportive causano circa 300.000 incidenti con una regolarità sorprendente, la maggior parte dei quali fortunatamente non sono troppo gravi.
Che si tratti di una contusione o di un livido, di uno stiramento o di una distorsione, il momento fisiopatologico è identico in tutti questi infortuni sportivi che si verificano frequentemente e che sono per lo più favorevoli: l’applicazione inaspettata e dannosa di una forza provoca il danneggiamento di uno o più tipi di tessuto (capsula, tendine, muscolo, legamenti, persino cartilagine e osso) con il rilascio nell’ambiente di cellule danneggiate da queste strutture colpite, nonché di sangue dai vasi locali che sono anch’essi danneggiati. (Fig. 1). Queste “sostanze estranee” innescano automaticamente una catena di reazioni: la guarigione della ferita. In tutti i traumi, questo processo di guarigione inizia al momento della lesione.
Sostenere il processo di guarigione
Con un trattamento che interviene in modo specifico nel processo di guarigione, si può promuovere la rigenerazione e ridurre il tempo di guarigione. È quindi importante abbandonare i trattamenti puramente sintomatici per passare a terapie che supportino in modo specifico il processo di guarigione. Per farlo, è necessario comprendere le diverse fasi dei processi.
Le fasi di guarigione sono fondamentalmente le stesse per ogni tessuto e differiscono solo per alcune caratteristiche specifiche del tessuto. Nella prima fase catabolica della guarigione, caratterizzata dall’infiammazione e dalla pulizia della ferita, si forma inizialmente un ematoma, che consiste, tra l’altro, in un coagulo di fibrina, la cui struttura è importante per il decorso successivo. Le cellule hanno poi bisogno di questa fibrina per rigenerarsi e formare nuova matrice extracellulare. Nella successiva fase di proliferazione anabolica, le cellule del tessuto, cioè i fibroblasti e i cheratinociti, ricominciano a lavorare per formare il tessuto. Infine, nella fase di riparazione si forma la sostanza di base del tessuto, cioè la matrice ( Fig. 2).
Qual è il percorso temporale?
Le singole fasi del processo di guarigione avvengono in tempi diversi. Queste tre fasi non si susseguono rigorosamente una dopo l’altra, ma si sovrappongono. Anche la durata è variabile e varia da persona a persona. I dati della letteratura variano da 16 a 50 settimane.
L’ematoma si forma dopo alcuni secondi o alcuni minuti. Alcune ore o giorni dopo, i fibroblasti diventano attivi e modificano il tessuto. La fase di rigenerazione inizia circa una settimana dopo il trauma iniziale e può durare fino a un anno, a seconda del tipo di tessuto. I diversi tipi di cellule svolgono ruoli diversi nelle singole fasi di guarigione. Tutti i processi coinvolti sono strettamente interconnessi. Le fasi di guarigione non sono semplici processi lineari. Piuttosto, si intrecciano e non possono essere separati nel tempo o nello spazio. La durata delle singole fasi di guarigione dipende spesso dalle dimensioni dell’ematoma causato dalla lesione. Anche le cellule del sistema immunitario, con la loro rete di citochine, sono coinvolte in tutti i processi di guarigione delle ferite in modi diversi. Questi componenti del sistema immunitario stimolano la rigenerazione dei tessuti controllando la crescita cellulare e stimolando la differenziazione, il metabolismo cellulare e la sintesi proteica. L’interleuchina-1 e il TNF-X sono particolarmente attivi, ma anche i fattori di crescita come il TGF-β svolgono un ruolo importante, inibendo le cellule T pro-infiammatorie. Il TGF-β stimola la rigenerazione dei tessuti stimolando l’attività dei fibroblasti.
Nonostante questo processo molto sottile, la guarigione dei tessuti può essere influenzata negativamente da vari fattori. Questi includono l’uso di nicotina, l’inizio della terapia, l’età e i FANS.
Il concetto di terapia adattata per fasi ha senso
Il cosiddetto concetto di terapia adattata alla fase si è dimostrato molto efficace. Nella fase iniziale (fase infiammatoria), l’attenzione si concentra sul controllo del gonfiore post-traumatico. A questo scopo viene utilizzato lo schema PECH (P=pausa, E=ghiaccio, C=compressione, H=posizione alta).
Queste misure semplici ed economiche, ben note ma purtroppo troppo spesso dimenticate, non sono utili solo sul campo sportivo o nel primo soccorso immediato e per di più ancora efficace, ma anche in seguito come parte del trattamento successivo prescritto da un medico.
Siamo critici nei confronti dell’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei, in quanto questi farmaci ostacolano il processo di guarigione naturalmente programmato del tessuto leso. Se assolutamente desiderato, sono sufficienti applicazioni topiche come i cerotti.
In caso di lesione ai legamenti (ginocchio, OSG), il paziente può essere immediatamente dotato di un’ortesi. Da un caso all’altro, può essere utile anche il sollievo con i bastoncini. Dopo alcuni giorni di tale immobilizzazione, l’area viene ulteriormente stabilizzata con l’ortesi e la portanza viene gradualmente ricostruita nell’arco di due-quattro settimane.
Le ortesi semirigide o i bendaggi a nastro sono adatti alla fase di proliferazione.
Nella fase di rigenerazione, il carico meccanico controllato promuove il corretto orientamento (allineamento) delle fibre di collagene. È qui che la fisioterapia, sebbene possa essere prescritta fin dall’inizio, avrà il suo effetto principale.
Guarigione completata – e ora?
Una volta completata la guarigione, si raccomanda di sostenere l’area lesionata con un bendaggio, soprattutto per i pazienti che svolgono attività fisica regolare. Per soddisfare i requisiti della riabilitazione adattata alla fase, si possono utilizzare anche bendaggi la cui stabilità può essere ridotta gradualmente. Un allenamento sensomotorio di accompagnamento è auspicabile e dovrebbe iniziare dopo circa quattro settimane.
PRATICA GP 2014; 9(4): 4-5