Uno studio presentato al simposio ESMO di Ginevra dimostra che: Le metastasi cerebrali presentano concentrazioni dense di linfociti infiltranti il tumore, ossia un ambiente immunoattivo. D’altra parte, sia i carcinomi cerebrali primari che secondari causano un’elevata espressione del fattore immunosoppressivo PDL1, che a sua volta può essere inibito da nuove terapie. Così si chiama. Gli inibitori del checkpoint immunitario potrebbero quindi essere efficaci nei pazienti con glioblastoma o metastasi cerebrali.
(ag) I pazienti con glioblastoma o metastasi cerebrali hanno attualmente poche opzioni di trattamento. Di solito muoiono in breve tempo. In base ai risultati dello studio presentato – ossia che il sistema immunitario viene attivato e funziona nei tumori cerebrali – si può supporre che funzionino anche i cosiddetti inibitori del checkpoint immunitario. Questi inibitori promuovono le cellule T, che a loro volta sono le cellule più importanti nella risposta immunitaria contro il tumore.
Lo studio dimostra la rilevanza
Lo studio presentato ha reclutato 117 pazienti con glioblastoma e 116 con metastasi cerebrali. Sono stati testati per vedere se si potevano trovare cellule T infiltranti il tumore. Inoltre, è stata condotta una ricerca sulla proteina immunosoppressiva PDL1.
Risultato: è stato riscontrato che i pazienti con glioblastoma avevano meno cellule T e quindi una minore attivazione del sistema immunitario rispetto a quelli con metastasi cerebrali (qui c’erano alte concentrazioni di cellule T). Il PDL1 era comune in entrambi i gruppi, ma soprattutto nel glioblastoma.
Ricerca sugli inibitori del checkpoint
Quindi, sebbene il sistema immunitario affronti i due tipi di tumore in modo leggermente diverso, viene attivato in ogni caso e può essere utilizzato per la terapia con gli inibitori del checkpoint immunitario, secondo il messaggio fondamentale dello studio. È noto che gli inibitori del checkpoint sono più efficaci se utilizzati in un microambiente immunoattivo. Per esempio, inibendo PDL1, si può stimolare il sistema immunitario già attivato e generare una risposta immunitaria contro i glioblastomi e le metastasi cerebrali. La ricerca clinica in quest’area (soprattutto con gli inibitori di PD1/PDL1) è quindi giustificata e sensata. Non solo le metastasi cerebrali nel melanoma dovrebbero essere esaminate, ma anche quelle nel carcinoma bronchiale non a piccole cellule, ad esempio, poiché queste sono le forme più comuni di metastasi cerebrali.
Fonte: “Ruolo dell’espressione di PDL1 e dei linfociti infiltranti il tumore (TIL) nel glioblastoma (GBM) e nelle metastasi cerebrali (BM)”, presentazione al Simposio ESMO, 21 novembre 2014, Ginevra.
InFo ONCOLOGIA & EMATOLOGIA 2014; 2(10): 3