L’inquinamento da micro e nanoplastiche è aumentato in modo esponenziale negli ultimi decenni e il volume di produzione annuale continuerà ad aumentare nei prossimi decenni. Le micro e le nanoplastiche finiscono per entrare nella catena alimentare umana attraverso l’acqua, i residui nel suolo e gli animali. Gli scienziati italiani hanno studiato gli effetti sugli esseri umani.
I depositi di plastica si dividono in microplastiche (MP, da 5 mm a 1 μm) e nanoplastiche (NP, <1 μm) in base alle loro dimensioni. I vari effetti delle microplastiche e delle nanoplastiche sulla fauna selvatica sono stati ampiamente descritti. Gli effetti biologici più comuni derivanti dall’ingestione di micro e nanoplastiche includono:
- Stress ossidativo
- Infiammazioni
- Cambiamento nel metabolismo
- Compromissione del sistema immunitario
Come ha introdotto la dottoressa Ottavia Exacoustos, Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), Istituto Giannina Gaslini, Genova [1], alcuni studi hanno recentemente indagato la presenza di micro e nanoplastiche nell’uomo, in particolare nella placenta, nel sangue, nei polmoni e nel fegato umani. Ad esempio, uno studio del 2020 ha trovato un totale di 12 frammenti di microplastica in campioni di placenta umana, utilizzando la spettroscopia micro-Raman. In altri lavori, le microplastiche sono state rilevate anche nel sangue di volontari sani, oltre che nel tessuto polmonare umano e nel fegato di pazienti con cirrosi.
Nonostante le molteplici prove di micro e nanoplastiche, le conseguenze esatte della loro presenza nei tessuti umani sono ancora sconosciute e non sufficientemente studiate. I dati sulle possibili conseguenze di MP e NP nel tessuto renale sono estremamente limitati.
Le microplastiche aumentano il rischio di nefrotossicità
Un altro studio ha analizzato l’accumulo di microplastiche in diversi tessuti causato dall’alimentazione con polistirolo in un modello murino. Gli scienziati hanno riscontrato un elevato deposito di MP nel rene, soprattutto per le particelle con dimensioni di 5 μm [2]. In questo studio, è anche chiaro che la presenza di microplastiche aumenta il rischio di nefrotossicità a causa dello stress ossidativo, ha spiegato il dottor Exacoustos. Lei e i suoi colleghi hanno quindi dedicato un nuovo studio ai potenziali effetti negativi delle microplastiche sugli esseri umani.
Per indagare la presenza di microplastiche nei reni e nelle urine umane, i ricercatori italiani hanno raccolto dieci campioni di urina di individui sani e dieci campioni di tessuto sano provenienti da nefrectomie per cancro ai reni. I campioni sono stati digeriti mediante idrolisi alcalina a 60°C e poi filtrati su filtri a membrana con micropori di 0,2 μm per trattenere eventuali particelle. Per questa procedura è stato utilizzato un protocollo “senza plastica”. I campioni bianchi sono stati prelevati in parallelo seguendo lo stesso protocollo.
Per rilevare e caratterizzare le microplastiche è stato utilizzato uno spettroscopio micro-Raman. Si tratta di uno spettroscopio appositamente sviluppato che utilizza un laser come fonte di esecuzione monocromatica ed è integrato in un microscopio ottico. La spettroscopia micro-Raman misura lo spostamento di frequenza della luce diffusa quando un laser viene diretto sul campione. Gli spettri Raman raccolti sono stati confrontati con il materiale della Biblioteca SLOPP delle microplastiche e della libreria spettrale del software Galactic.
Microplastiche rilevate per la prima volta nei reni umani
In totale sono state identificate 26 particelle diverse. I polimeri più frequentemente rappresentati sono stati il polietilene e il polistirene sia nei campioni di urina che in quelli di reni. Gli additivi più rappresentati sono stati la Cu-falocianina e l’ematite (Fig. 1). Tutti i polimeri erano microplastiche a causa delle loro dimensioni.
“Questo risultato, grazie alla spettroscopia micro-Raman, mostra per la prima volta la presenza di frammenti micrometrici di polimeri e additivi nell’urina e nei reni umani”, afferma il dottor Exacoustos. La presenza di particelle di polietilene potrebbe essere facilmente spiegata: L’applicazione principale di questi polimeri è nell’industria dell’imballaggio (ad esempio, bottiglie per acqua e bibite). Il polistirene viene utilizzato anche nell’industria alimentare, in imballaggi o contenitori monouso. L’additivo ematite è un pigmento rosso spesso utilizzato per tingere i sacchi della spazzatura rossi e gialli, mentre la Cu-falocianina, un pigmento blu, viene utilizzata come colorante per colorare la plastica.
Questo risultato dimostra quanto la presenza di plastica e la sua crescente distribuzione nell’ambiente influenzino la nostra vita quotidiana. La probabilità di trovare microplastiche in numero maggiore nei tessuti umani è quindi in aumento. La spettroscopia micro-Raman potrebbe essere uno strumento di scelta per rilevare la MP, grazie alla sua elevata sensibilità e all’alta risoluzione, ha detto.
Il rilevamento di microplastiche nei reni e nelle urine è solo una prima parte di uno studio più ampio, in cui il gruppo di studio italiano condurrà indagini in vitro e in vivo per analizzare se la presenza di microplastiche possa essere una delle possibili cause di malattie renali. Sono urgentemente necessari ulteriori studi per indagare sulla possibile nefrotossicità degli MP, sui meccanismi di eliminazione renale e sull’accumulo dei tessuti, ha concluso il dottor Exacoustos.
Congresso: ERA 2023
Fonti:
- Exacoustos O: Vortrag «First identification and characterization of microplastics in human kidney and urine», Session «Mechanisms of CKD progression and complications: Unmasking the Mystery»; ERA 2023, 17.06.2023.
- Shi J, Deng H, Zhang M: Whole transcriptome sequencing analysis revealed key RNA profiles and toxicity in mice after chronic exposure to microplastics. Chemosphere 2022; 304: 135321; doi: 10.1016/j.chemosphere.2022.135321.
- Exacoustos O, et al.: #6111 First identification and characterization of microplastics in human kidney and urine. Nephrology Dialysis Transplantation 2023; 38(1): gfad063a_6111; doi: 10.1093/ndt/gfad063a_6111.
HAUSARZT PRAXIS 2023: 18(8): 36–37