Terapia aggressiva o conservativa? Scienziati di fama – il Prof. George Grunberger e il Prof. Marc Donath – hanno parlato dello stato e delle possibilità future della terapia del diabete.
Il Prof. George Grunberger, della Wayne State University di Detroit (USA) e altri, e il Prof. Marc Donath, dell’Ospedale Universitario di Basilea, hanno parlato dello stato e delle possibilità future della terapia del diabete. Considerando che il diabete di tipo 2 spesso non mostra sintomi nelle fasi iniziali, il Prof. Grunberger ha postulato una forma di terapia aggressiva che affronti le possibili complicanze come l’insufficienza renale, la malattia vascolare degli occhi o la malattia occlusiva arteriosa periferica in una fase iniziale. Il Prof. Donath è stato cauto su questo cambiamento di paradigma da “Trattare fino al fallimento” a “Trattare fino all’obiettivo”. Aspettare che i livelli di glucosio nel sangue aumentino prima di intensificare la terapia è ancora oggi la pratica più comune dei medici di base. Il primo passo è verificare se le modifiche dello stile di vita – più esercizio fisico, riduzione del sovrappeso, dieta equilibrata – portano a un cambiamento del valore target dell’HbA1C. Secondo Donath, la situazione dei dati non è ancora chiara per un approccio terapeutico precoce e più aggressivo.
Anche il Prof. Grunberger si concentra sulla prevenzione, ma soppesa l’impatto delle complicanze come rischio principale e motore dei costi sanitari. Pertanto, sostiene, l’intervento precoce per prevenire le complicazioni è un altro elemento chiave della terapia. “Sono necessari approcci completi per prevenire le complicanze cardiovascolari e di altro tipo. Non è utile concentrarsi solo sull’HbA1C finché il paziente non subisce una complicazione”, ha affermato. Grunberger prevede che in futuro si conosceranno biomarcatori più specifici per prevedere le complicanze. “Questo ci permetterà di trattare i pazienti in modo più personalizzato, in base ai rischi individuali”. Questo approccio è seguito dalle attuali raccomandazioni della SGED (Società Svizzera di Endocrinologia e Diabetologia) con il loro focus sulla migliore terapia individuale [4]). Grunberger si spinge oltre nella sua prognosi per il futuro: “La scelta del farmaco da utilizzare deve essere adattata ai fattori di rischio individuali del paziente”. Non esiste un approccio univoco al trattamento del diabete, afferma Grunberger, ma deve essere inteso come una malattia altamente complessa. Gli approcci terapeutici del futuro puntano verso una terapia basata sui dati, precisa e personalizzata.
Terapia del diabete 2027
In futuro, il profilo del paziente consentirà di prendere decisioni terapeutiche sulla base di dati completi. Gli sviluppi si trovano in una fase in cui le tecnologie per il diabete sono sul punto di convergere (Fig. 1) – i dispositivi e i dati si fonderanno per creare nuove forme di terapia che consentiranno una maggiore precisione e una maggiore automazione (vedere il riquadro “Letture consigliate sull’argomento”).
Da un lato, i progressi della medicina digitale giocano un ruolo importante: ad esempio, i microchip trapiantati sotto la pelle possono controllare la somministrazione precisa di farmaci. I sensori misurano il glucosio, i metaboliti e i segni vitali in tempo reale e trasmettono i dati tramite app allo smartphone del paziente o al medico. I fattori genetici devono essere identificati con l’aiuto dell’intelligenza analitica digitale. Nella terapia, su questa base, gli agenti possono essere assegnati individualmente in base ai fattori di rischio, alle comorbidità e alle controindicazioni dopo la metformina iniziale, anche se il lavoro di ricerca deve ancora essere fatto nell’area delle terapie combinate (Fig. 2) – questa è stata la conclusione unanime dei relatori.
Sebbene Grunberger critichi decisamente il ruolo della metformina come monoterapia in quanto troppo limitato, vede una crescente evidenza che continuerà ad avere rilevanza nel contesto del microbioma che influenza. La ricerca sul microbioma ha anche mostrato effetti sorprendenti per quanto riguarda la sensibilità all’insulina dopo il trapianto di feci in pazienti metabolici, in sovrappeso [5] – un indicatore per un’altra strategia terapeutica.
Il Prof. Grunberger ha previsto che le terapie esistenti diventeranno più sicure e svilupperanno una durata d’azione più lunga; la loro gestione diventerà sempre più semplice per il medico e il paziente, ad esempio attraverso forme di dosaggio orale per l’insulina e gli analoghi del GLP-1. Le terapie combinate, somministrate in compresse o iniezioni, contribuiranno alla compliance, così come l'”insulina intelligente”, che viene somministrata in dosi da capsule o tramite cerotti a seconda della concentrazione di glucosio, consentendo una regolazione continua del glucosio. L’iper- o l’ipoglicemia vengono così eliminate e le iniezioni di insulina non sono più necessarie. Questi scenari non sono previsti fino al 2027. Ulteriori ricerche sono dedicate alla malattia delle cellule β e all’esame delle possibilità di trapianto di cellule islamiche.
Il Prof. Donath ha condiviso le prospettive ottimistiche di Grunberger, ma è rimasto chiaro nel suo annuncio: ci saranno meno pazienti nel 2027 solo se le misure di prevenzione saranno efficaci!
Riferimenti:
- Atlante del diabete IDF Settima Edizione – Rapporto Paese Svizzera
- Wieser S, Raguzzi M, et al: I costi delle malattie non trasmissibili in Svizzera. Ufficio federale di sanità pubblica UFSP, Berna, 2014; 63.
- Boehringer Ingelheim Diabetetes Key Note Session 2017, 14 novembre 2017, Berna
- Aggiornamento sul diabete: le attuali raccomandazioni terapeutiche svizzere. CardioVasc 2018; 17(1): 34-36. www.medizinonline.ch/artikel/die-aktuellen-schweizer-therapieempfehlungen
- Kootte RS, et al.: Il miglioramento della sensibilità all’insulina dopo le feci di un donatore magro nella sindrome metabolica è guidato dalla composizione basale del microbiota intestinale. Metabolismo cellulare 2017; 26(4): 611-619.
PRATICA GP 2018; 13(3): 8-9