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  • Studio di coorte basato sulla popolazione

Le benzodiazepine aumentano effettivamente il rischio di demenza?

    • Farmacologia e tossicologia
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    • Studi
  • 3 minute read

Domanda: Il trattamento a lungo termine con benzodiazepine (BDP) è associato a un aumento del rischio di demenza nelle persone anziane?

Premessa: gli anziani sono spesso trattati con benzodiazepine. È noto che questi farmaci possono compromettere l’attenzione e la memoria. Alcuni studi hanno persino suggerito che il trattamento a lungo termine con benzodiazepine aumenta il rischio di demenza. Tuttavia, poiché l’insorgenza della demenza può essere associata a disturbi del sonno, ansia e depressione – sintomi che vengono spesso trattati con le benzodiazepine – questi studi potrebbero essere basati su una causalità apparente.

Pazienti e metodi: 3434 partecipanti (di Seattle, USA) sono stati inclusi in questo studio di coorte prospettico, basato sulla popolazione e seguiti per una media di 7,3 anni. Tutti avevano almeno 65 anni al basale e non presentavano sintomi di demenza. Tutti dovevano disporre di dati computerizzati sulle prescrizioni di farmaci per i dieci anni precedenti. Gli esami (al basale e ogni due anni) sono stati effettuati con un’intervista clinica standardizzata.

Risultati: Durante il periodo di osservazione (7,3 anni), il 23,2% dei partecipanti ha sviluppato una demenza, la maggior parte della quale era di tipo Alzheimer. In relazione alla quantità cumulativa di benzodiazepine consumate, è stato mostrato quanto segue: Il rischio complessivo di demenza era leggermente ma significativamente aumentato con livelli bassi di BDP (hazard ratio 1,25; 95% CI 1,03-1,51). Lo stesso vale per il rischio di sviluppare specificamente la demenza di Alzheimer (HR 1,27; 95% CI 1,03-1,57). Al contrario, non è stato riscontrato un aumento del rischio di demenza con un consumo moderato e alto di BDP.

Conclusioni degli autori: Negli anziani, bassi livelli di BDP sono associati a un leggero aumento del rischio di demenza. Questa correlazione si basa probabilmente su un’apparente causalità, ossia che i disturbi del sonno – un sintomo prodromico della demenza – sono trattati in modo preferenziale con il BDP. Livelli medi e superiori di BDP non sono associati a un rischio alterato di demenza. Non è possibile dimostrare una relazione causale tra l’uso di BDP e la demenza.

Commento: le benzodiazepine non solo hanno un effetto ansiolitico e favoriscono il sonno, ma talvolta hanno anche un effetto amnesico. Ma questo li rende già “induttori di demenza”?
Uno studio canadese del 2014 lo afferma (vedere il numero 4/2016). Lì è stata confermata l’associazione tra un’elevata dose cumulativa di BDP e un aumento del rischio di malattia di Alzheimer. Allora perché non anche qui? Le carenze metodologiche non saltano all’occhio come spiegazione. Si trattava di uno studio prospettico, il numero di casi era ampio e basato sulla popolazione, le quantità di BDP provenivano da prescrizioni documentate, i partecipanti sono stati seguiti per un periodo di tempo sufficientemente lungo e valutati per i sintomi della demenza ogni due anni. Il collegamento è stato trovato dove non ci si aspettava: nelle piccole quantità di BDP. Bisogna quindi preferire le grandi quantità per quanto riguarda il rischio di demenza? Certo che no! Ci sono abbastanza altri motivi per essere cauti riguardo a BDP.

Il presente studio non trova alcuna associazione tra i livelli medi o alti di BDP e il rischio di sviluppare la demenza. Si tratta di una rassicurazione, ma non di un via libera, perché la “mancanza di prove” è ben lontana dall’essere una “prova di mancanza”.

 

InFo NEUROLOGIA & PSICHIATRIA 2016; 14(5): 33

Autoren
  • Prof. Dr. med. Gerhard A. Wiesbeck
Publikation
  • InFo NEUROLOGIE & PSYCHIATRIE
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