Quando parliamo di cardiomiopatia, parliamo di diversi quadri clinici con cause e sintomi diversi. La causa effettiva può essere genetica, acquisita o una miscela di entrambe. Soprattutto nelle forme molto precoci o molto avanzate, la causa della cardiomiopatia spesso non può essere (ancora) determinata. La diagnostica per immagini è quindi un parametro importante per poter stratificare il rischio delle persone colpite.
Il Prof. Dr. med. Fabian Knebel, Berlino (D), ha spiegato l’uso dell’imaging come strumento centrale intorno alla questione di come si può stratificare il rischio di un paziente e dove guardare da vicino. La gestione del rischio delle cardiomiopatie è stata studiata per più di cento anni. A quel tempo, il credo era ancora che la terapia dipende dall’attualità dell’insufficienza cardiaca, non dalla sua eziologia. Caffè nero, champagne e cognac erano consigliati come terapia per migliorare la circolazione. Nel frattempo, fortunatamente, abbiamo fatto dei progressi. L’attuale documento di posizione dell’ESC sulle cardiomiopatie raccomanda l’ecocardiografia come componente di imaging cruciale dopo la raccolta dei risultati clinici. Questo permette di valutare la struttura e la funzione cardiaca e di identificare le eziologie specifiche. In definitiva, si deve fare una differenziazione tra cardiomiopatia dilatativa, restrittiva e ipertrofica.
Poiché la frazione di eiezione (EF) da sola non è sufficiente, è necessaria anche l’imaging della deformazione. Gli ecocardiografi basati sull’EF si concentrano sulla funzione radiale, mentre l’imaging delle deformazioni può essere utilizzato per catturare la funzione longitudinale. Questo perché i pazienti potrebbero avere una funzione della pompa conservata, ma una sollecitazione ridotta. Tuttavia, questi malati hanno una prognosi significativamente peggiore rispetto ai pazienti con un ceppo normale, dice l’esperto.
Modelli di rischio mirati
Si possono rilevare diversi modelli per la stratificazione del rischio. Queste includono, ad esempio, le cardiomiopatie ipertrofiche con le loro forme genetiche, le malattie da accumulo, i disturbi e le malformazioni neuromuscolari e mitocondriali. Per quanto riguarda i patomeccanismi, oltre allo spessore della parete, si osserva se il paziente presenta un fenomeno SAM e/o un’ostruzione del tratto di eiezione. Inoltre, è necessario elaborare il gradiente. Tuttavia, è necessaria cautela, soprattutto nel caso dell’HCM, in quanto i diversi fenomeni possono anche sovrapporsi. Il ceppo di per sé costituisce un marcatore di rischio di CMI. Se il ceppo è <16%, le persone colpite mostrano una sopravvivenza significativamente peggiore rispetto a quelle il cui ceppo è >16%. La dispersione meccanica può essere utilizzata come secondo strumento per la stratificazione del rischio. Inoltre, è necessario utilizzare l’ecocardiografia con contrasto per osservare se la branca settale in cui è stato iniettato l’agente di contrasto è anche quella che blocca il deflusso.
Imaging di supporto
Nelle cardiomiopatie restrittive, la prima priorità è capire con la diagnostica per immagini se si tratta di una costrizione con un problema principalmente nel pericardio, o se il problema è principalmente nel miocardio e quindi si tratta di una restrizione. Entrambi hanno in comune l’alterazione del riempimento ventricolare e l’insufficienza cardiaca diastolica. La cardiomiopatia restrittiva può essere suddivisa in non infiltrativa, infiltrativa, da accumulo ed endomiocardica. Queste possono includere la fibrosi endomiocardica, la sarcoidosi, la miocardite eosinofila o la malattia di Fabry. Specifico di questo paziente è spesso che il muscolo papillare è marcatamente ispessito.
Fonte: Gestione del rischio nelle cardiomiopatie. L’imaging come strumento centrale della gestione del rischio individuale. Riunione del Gruppo di lavoro, 20.04.2022, 15:30-17:00
Congresso: 88° Meeting annuale della Società tedesca di cardiologia (DGK)
CARDIOVASC 2022; 21(2): 23