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  • Morte cardiaca improvvisa dopo un infarto del miocardio

Nuove prospettive per la stratificazione del rischio e la prevenzione

    • Cardiologia
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    • RX
    • Studi
  • 5 minute read

La morte cardiaca improvvisa (SCD) è una delle principali cause di morte in tutto il mondo ed è particolarmente comune nei pazienti che sono sopravvissuti a un infarto miocardico (MI). Nonostante i significativi progressi nell’assistenza medica, la previsione e la prevenzione della TVP rimane una delle maggiori sfide nella pratica cardiologica. La ricerca attuale mostra che gli indicatori tradizionali, come la frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF), sono spesso insufficienti per identificare in modo affidabile i pazienti ad alto rischio o escludere quelli a basso rischio. Un’analisi completa delle coorti PROFID, che comprendono più di 140.000 pazienti, ha analizzato questo problema in modo più dettagliato e fornisce nuovi spunti che suggeriscono una rivalutazione fondamentale delle strategie attuali.

(red) La PHT è responsabile di circa il 20% di tutti i decessi in tutto il mondo e spesso colpisce i pazienti con una storia di MI. Di solito deriva da aritmie ventricolari pericolose per la vita, come la fibrillazione ventricolare o la tachicardia ventricolare. Il defibrillatore cardioverter impiantabile (ICD) è considerato il gold standard nella prevenzione, in quanto è in grado di riconoscere e trattare tali aritmie in una fase precoce. Tuttavia, la decisione di impiantare l’ICD si basa tradizionalmente sulla LVEF, che per decenni è stata utilizzata come criterio principale per il rischio di PHT.

Nonostante questa prassi consolidata, i dati recenti mostrano che la LVEF da sola è spesso insufficiente. Sebbene sia una linea guida utile per alcuni pazienti con LVEF gravemente ridotta (<35%), una percentuale significativa di casi di PHT in pazienti con LVEF moderatamente ridotta o conservata rimane non riconosciuta. Allo stesso tempo, molti ICD vengono impiantati in pazienti con LVEF ≤35% che alla fine non richiedono mai la terapia ICD. Ciò evidenzia la necessità di migliorare la stratificazione del rischio per ottimizzare sia la sicurezza del paziente che l’efficienza delle risorse mediche.

Obiettivo dell’analisi PROFID

L’obiettivo dell’analisi PROFID era quello di migliorare l’accuratezza della previsione della PHT dopo l’IMA e di sviluppare criteri migliori per l’impianto di ICD. L’attenzione si è concentrata su due domande centrali:

  1. Identificazione dei pazienti a basso rischio: I pazienti con LVEF gravemente compromessa che non richiedono un ICD possono essere identificati perché il loro rischio di PHT è basso?
  2. Identificazione dei pazienti ad alto rischio: È possibile riconoscere i pazienti con LVEF moderatamente ridotta o conservata che beneficerebbero di una terapia ICD mirata?

A questo scopo, sono stati raccolti e analizzati i dati dei singoli pazienti di 20 coorti internazionali. L’analisi ha incluso vari modelli predittivi, tra cui modelli di sopravvivenza parametrici flessibili e modelli random forest, per massimizzare l’accuratezza predittiva.

Metodologia

L’analisi ha incluso i dati di 140.204 pazienti che sono stati suddivisi in tre gruppi principali in base all’MI:

  1. Pazienti con ICD: Pazienti con LVEF ≤35% che avevano ricevuto un impianto di ICD per la prevenzione primaria.
  2. Pazienti non ICD con LVEF ≤35%.
  3. >Pazienti non ICD con LVEF 35%.

La performance predittiva della LVEF e di altri parametri è stata analizzata in relazione al rischio di PHT e alla frequenza della terapia con ICD (nei pazienti con ICD). Sono stati analizzati i dati sulle caratteristiche cliniche, i biomarcatori, i parametri ecocardiografici e, in alcuni casi, la risonanza magnetica cardiaca.

Endpoint primari

Gli endpoint primari erano:

  • Morte cardiaca improvvisa (in pazienti non portatori di ICD): Definita secondo la classificazione di Hinkle-Thaler.
  • Terapia ICD appropriata (per i pazienti con ICD): Misurata come stimolazione antitachicardia o shock erogato dall’ICD.
Analisi statistica

La performance predittiva è stata valutata mediante una convalida incrociata interna ed esterna sistematica. Le statistiche C (come misura della capacità discriminatoria) e la calibrazione del modello sono state calcolate per valutare l’accuratezza predittiva.

Risultati

1. potere predittivo limitato della LVEF

La LVEF è risultata essere un debole predittore del rischio di PHT, indipendentemente dal fatto che fosse gravemente ridotta, moderatamente ridotta o conservata. La statistica C per la LVEF era vicina a 0,50 in tutti i gruppi, indicando un basso potere discriminatorio:

  • Pazienti con ICD: 0,50 (intervallo di confidenza al 95%: 0,49-0,51).
  • Pazienti non ICD con LVEF ≤35%: 0,53.
  • >Pazienti non ICD con LVEF 35%: 0,56.

2. I parametri aggiuntivi non hanno migliorato la previsione.

L’integrazione di parametri aggiuntivi come le caratteristiche cliniche, i biomarcatori o i dati elettrocardiografici non ha portato ad alcun miglioramento significativo dell’accuratezza predittiva. Anche l’analisi dei dati della risonanza magnetica, compreso il tessuto cicatriziale e le aree grigie, non ha mostrato alcun beneficio aggiuntivo significativo.

3. bassi tassi di eventi nei pazienti con LVEF conservata

Nei pazienti con LVEF >35%, il rischio complessivo di PHT era molto basso, quindi l’identificazione dei pazienti ad alto rischio in questo gruppo rimane difficile. Allo stesso tempo, i tassi di terapie con ICD erano significativamente più alti nei pazienti con LVEF ≤35%, suggerendo una possibile sovrastima del rischio in questo gruppo.

Limitazioni della pratica attuale

I risultati dell’analisi PROFID evidenziano le debolezze della pratica attuale, che si basa molto sulla LVEF. Sebbene la LVEF sia un indicatore comprovato della funzione cardiaca globale, non riflette i meccanismi specifici che portano alla PHT. Particolarmente problematica è l’incapacità della LVEF di distinguere tra PHT e decessi non improvvisi.

Sfide nella stratificazione del rischio

La morte cardiaca improvvisa è il risultato di una complessa interazione di diversi fattori dinamici che sono difficili da catturare con misurazioni una tantum. Inoltre, le variazioni nella classificazione delle cause di morte e l’eterogeneità delle coorti studiate rendono difficile la generalizzazione dei risultati.

Prospettive future

I risultati dell’analisi PROFID hanno importanti implicazioni per la pratica cardiologica:

  1. Rivalutazione dei criteri dell’ICD: L’impianto di routine dell’ICD nei pazienti con LVEF ≤35% deve essere esaminato criticamente alla luce del calo dei tassi di PHT e del miglioramento delle terapie farmacologiche.
  2. Concentrarsi su nuovi biomarcatori: la ricerca futura dovrebbe concentrarsi su modelli dinamici e multivariati che possano riflettere meglio i complessi meccanismi della PHT.
  3. Prevenzione personalizzata: le tecnologie innovative come l’intelligenza artificiale e i big data potrebbero aiutare a determinare in modo più preciso i profili di rischio individuali e ottimizzare la prevenzione.
  4. Analisi costi-benefici: dati i costi elevati e le potenziali complicazioni degli ICD, è necessaria una maggiore attenzione all’efficienza dell’utilizzo delle risorse.

Conclusione

L’analisi PROFID mostra che la LVEF da sola non fornisce una base sufficiente per la stratificazione del rischio dopo un infarto miocardico. Né la LVEF né altri parametri sono stati in grado di raggiungere un’accuratezza predittiva soddisfacente. Questi risultati sottolineano l’urgente necessità di sviluppare nuovi approcci per la stratificazione del rischio e la prevenzione della morte cardiaca improvvisa. Le strategie future dovrebbero basarsi su modelli multidimensionali che integrino dati clinici, genetici e biometrici, per consentire un’assistenza più precisa e personalizzata.

Fonte:

  1. Peek N, Hindricks G, Akbarov A, et al: Morte cardiaca improvvisa dopo l’infarto miocardico: dati individuali dei partecipanti da coorti raggruppate. Eur Heart J 2024 Nov 14; 45(43): 4616-4626. doi: 10.1093/eurheartj/ehae326. PMID: 39378245; PMCID: PMC11560274.

CARDIOVASC 2024; 23(4): 28-29

Publikation
  • CARDIOVASC
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